Valutazione della Credibilità della Persona Offesa nei reati di Violenza Sessuale e Stalking (612bis codice penale). Cass Pen. Sez. III, Sent., 10/04/2024, n. 14724 – Di Avvocato Davide Tutino, Penalista di Catania

Nella sentenza n. 14724 del 10 aprile 2024, la Terza sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato la questione della credibilità della persona offesa. La valutazione è stata condotta sia intrinsecamente, analizzando la coerenza e la logica interna del suo racconto, sia estrinsecamente, verificando la corrispondenza tra le sue dichiarazioni e gli altri elementi probatori.

Punti chiave della valutazione della credibilità:

  1. Consistenza del racconto: la Suprema Corte ha evidenziato come la Corte di appello abbia analizzato e trovato coerenza nelle dichiarazioni della persona offesa, corroborate da prove esterne quali i tabulati telefonici. Inoltre, il comportamento della persona offesa e la sequenza temporale degli eventi sono stati considerati congruenti con il suo racconto, supportando la valutazione della sua credibilità.
  2. Elementi di riscontro esterni: Particolare rilievo è stato dato ai tabulati telefonici che hanno corroborato la sequenza di eventi narrata dalla persona offesa, in particolare le chiamate effettuate nei momenti immediatamente precedenti e successivi alla violenza sessuale.
  3. Comportamenti post-evento: Il comportamento della persona offesa subito dopo gli episodi di violenza è stato ritenuto coerente con il suo racconto, senza mostrare contraddizioni significative che potrebbero mettere in dubbio la sua veridicità.
  4. Assenza di intenti calunniosi: La Corte ha escluso l’esistenza di intenti calunniosi dietro la denuncia, considerando la tempistica della presentazione della denuncia-querela.

Testo della Sentenza: (Fonte Banca Dati Giuridica One LEGALE)

Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 21/03/2024) 10/04/2024, n. 14724

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE

Composta da
Dott. RAMACCI Luca – Presidente –
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere Dott. MENGONI Enrico – Relatore –
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
A.A., nato a G (Me) il Omissis
avverso la sentenza del 23/2/2023 della Corte di appello di Cagliari, sezioni distaccata di Sassari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tocci, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni del difensore della parte civile, Avv. Arianna Denule, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. Giuseppe Conti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza del 23/2/2023, la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, confermava la pronuncia emessa il 27/5/2021 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tempio Pausania, con la quale A.A. era stato giudicato colpevole dei reati di violenza sessuale ed atti persecutori, e condannato – con rito abbreviato – alla pena di tre anni di reclusione.
  2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
    • erronea applicazione dell’art. 417, comma 1, cod. proc. pen.; vizio di motivazione. La Corte di appello avrebbe rigettato l’eccezione difensiva sull’indeterminatezza del capo A) con argomento carente, che non terrebbe conto dei motivi di censura, aderendo acriticamente alle parole del primo Giudice; con il gravame, infatti, sarebbe stata evidenziata la totale incertezza della persona offesa quanto alla data del fatto, collocato in vari e differenti giorni tra la fine di maggio e l’ inizio di giugno 2018. Tale discrasia, non sanata in sentenza in modo convincente, avrebbe dunque provocato al ricorrente un evidente pregiudizio, impedendogli di dimostrare la propria innocenza con riguardo ad un preciso giorno di contestazione;
    • violazione dell’art. 192 cod. proc. pen.; vizio di motivazione. La Corte di appello avrebbe ribadito la condanna in forza delle dichiarazioni della persona offesa, senza accertarne l’effettiva attendibilità, invero minata su elementi decisivi quali l’ingresso nell’appartamento del ricorrente e l’atteggiamento della donna verso lo stesso. Anche gli elementi di riscontro indicati in sentenza, poi, non avrebbero alcuna effettiva capacità dimostrativa, specie con riguardo ai tabulati ed alle telefonate;
    • la violazione di legge è poi dedotta quanto al delitto di cui all’art. 612-bis cod. pen., del quale la sentenza non indicherebbe alcun evento di danno. Il cambio di utenze telefoniche, infatti, non sarebbe espressione di mutamento delle condizioni di vita, anche perché sarebbe provato che la donna avesse in più occasioni chiamato il ricorrente. Neppure le dimissioni dal luogo di lavoro, poi, sono state considerateun danno cagionato dalla presunta persecuzione. Non troverebbe riscontro, infine, neppure un grave stato di ansia e di timore, al pari degli altri eventi che la norma individua come elementi costitutivi del delitto;
    • la stessa violazione di legge, infine, è denunciata in ordine al capo B), in quanto la Corte di appello avrebbe ritenuto la violenza sessuale – con duplice contestazione – un atto integrante il delitto di cui all’art. 612-ò/s cod. pen.; lo stesso abuso, per contro, costituirebbe un atto autonomo, isolato e slegato dall’altro.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso risulta manifestamente infondato.
  2. Con riguardo al primo motivo, relativo all’eccezione di nullità del decreto che dispone il giudizio per indeterminatezza del capo A), il Collegio rileva che la Corte di appello – come già il G.i.p. – ha reso sul punto una motivazione del tutto solida e congrua, come tale non censurabile. E’ stato sottolineato, in particolare, che il periodo in contestazione (“Tra la fine di maggio ed inizio di giugno 2018″) risultava strettamente correlato alle dichiarazioni della persona offesa che, in sede di querela (il 23/11/2018), aveva riferito di non ricordare con esattezza la data del fatto, forse ” il giorno 28, era la fine del mese di maggio”; in ogni caso – e tale argomento risulta decisivo – entrambe le sentenze hanno evidenziato che l’episodio denunciato era uno solo, circoscritto nel tempo e verificatosi in un brevissimo lasso cronologico, tale, dunque, da consentire appieno al ricorrente di predisporre una adeguata difesa. Del resto, il Collegio rileva la genericità della censura mossa sul punto, che non specifica in che termini lo stesso diritto sarebbe stato leso, e non tiene in considerazione – dato, per contro, decisivo – che il racconto conteneva sì un profilo di incertezza, ma comunque relativo a date estremamente prossime tra loro, nell’arco di massimo 3-4 giorni. Non una mera formula di stile, dunque, ma una motivazione adeguata e priva di illogicità manifesta.
  3. Inammissibile, di seguito, è anche il secondo motivo di ricorso, che contesta ilgiudizio di attendibilità formulato quanto alla persona offesa, evidenziando talune incongruenze del suo racconto.
    1. La censura, in primo luogo, sollecita una nuova valutazione dello stesso compendio dichiarativo già esaminato dai Giudici del merito, richiedendone una lettura diversa e più favorevole; un tale compito, tuttavia, non può essere esercitato da questa Corte, perché precluso dalla natura propria del giudizio di legittimità.
    2. Il ricorso, peraltro, trascura le numerose considerazioni svolte dal primo e dal secondo Giudice con riguardo all’attendibilità della donna, accertata in terminiintrinseci ed estrinseci in forza di un racconto che – se non sempre preciso, ma su elementi congruamente ritenuti marginali (ad esempio, la posizione della chiave della porte) – ha mantenuto piena coerenza, nelle varie occasioni, quanto ai passaggi essenziali della vicenda, per come cristallizzati nei due capi di imputazione e riscontrati in elementi esterni. Con particolare riguardo alla violenza sessuale, la Corte di appello – che ha collocato il fatto al l°/6/2018 – ha svolto un’accurata indagine sui tabulati telefonici, evidenziando che le chiamate tra i due confermavano quanto dichiarato dalla persona offesa (specie quelle delle 23.03 e delle 23.18) sulle fasi immediatamente precedenti alla violenza; la stessa donna, peraltro, aveva ammesso che, preoccupata dello stato del ricorrente (che lei aveva deciso di lasciare dopo circa 10 anni d i relazione, per lui extraconiugale), si era recata preso il suo appartamento, dopo averlo sentito. Questa condotta, poi, è stata correttamente contestualizzata dai Giudici di merito, senza ravvisarvi alcuna contraddizione, come invece nel ricorso: le sentenze, infatti, hanno efficacemente evidenziato che, nonostante la crisi del rapporto ed i primi atti persecutori, fino a quel momento l’ imputato non aveva mai tenuto atteggiamenti aggressivi o violenti contro la donna, così da non indurla a temere per la propria integrità, anche sessuale. Ancora sul punto, la Corte di appello ha attentamente esaminato i comportamenti della persona offesa nel prosieguo della notte e nell’ indomani, senza riscontrare alcun elemento dissonante rispetto alle dichiarazioni. Infine, la sentenza ha escluso che dagli atti fosse emersa una qualunque volontà di calunnia, o manifestazione di astio: la querela, infatti, era stata sporta diversi mesi dopo la violenza (a novembre2018) ed era stata preceduta – quasi nelle immediatezze dei fatti (il 3/6/2018) – dal licenziamento dall’albergo nel quale, da anni, entrambi lavoravano d’estate.
  4. Questa motivazione, dunque, non consente di ravvisare i vizi denunciati, che,peraltro, si concentrano ancora sul profilo cronologico del capo A), sui dati dei tabulati e sulle condotte tenute dalla donna il 1/6/2018: argomenti sui quali la sentenza si è adeguatamente diffusa, con valutazione che non merita censura.
  1. Con riguardo, poi, agli atti persecutori di cui al capo B), il secondo motivo di ricorso contesta l’assenza di prova del danno, che non potrebbe essere ravvisato nelmero cambio di un’utenza telefonica o nel licenziamento dal posto di lavoro, non collegato alle vicende per cui è giudizio.
    1. Questa censura risulta inammissibile.
    2. Pacifico il verificarsi dei numerosi fatti raccontati dalla donna, sui quali la sentenza si diffonde e l’impugnazione non spende argomento, si osserva che la questionedevoluta alla Corte di appello non atteneva alla verifica degli elementi costitutivi del reato, compreso l’evento, ma (ancora) alla sola attendibilità della persona offesa. Ebbene, sul punto, come già richiamato, la sentenza contiene una motivazione del tutto solida e adeguata, fondata su obiettivi elementi di indagine e priva di illogicità manifeste; come tale, dunque, immeritevole di censura.
  2. In ordine, infine, al terzo motivo di ricorso, che contesta alla Corte di merito di aver interpretato la violenza sessuale quale elemento qualificante gli atti persecutori, non come episodio autonomo, se ne evidenzia ancora la piena infondatezza. I Giudici di merito, infatti, hanno trattato distintamente i due capi, e la violenza sessuale di cui al primo è stata considerata condotta del tutto autonoma, sebbene tenuta nel medesimo contesto temporale dei fatti ex art. 612-bis cod. pen.; tanto che le due fattispecie sono state riunite sotto il vincolo della continuazione, ad evidenziarne la distinta specificità.

II ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità” alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a normadell’art. 61 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello d” versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00. Si condanna, inoltre, l’ imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Cagliari con separato decreto di pagamento ai sensi degli arti 82 e 83, d.P.R. n. 115/2022, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna,inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese c rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte (appello di Cagliari con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 82 d.P.R. n. 115/2022, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2024.