600 quater Detenzione o accesso a materiale pornografico. Tribunale di Gorizia Assolve l’imputato: consenso e uso Privato escludono il reato nella Pornografia Domestica

Massima della Sentenza Sent., 19/01/2021, n. 14, Tribunale di Gorizia

La “pornografia domestica“, ovvero la produzione e detenzione di materiale intimo con il coinvolgimento di minori che hanno raggiunto l’età del consenso sessuale, non ha rilevanza penale se le immagini sono state condivise consensualmente e destinate esclusivamente a un uso privato (Tribunale Gorizia, Sent., 19/01/2021, n. 14, assolve l’imputato dal reato p. e p. 600-quater c.p., perché il fatto non sussiste).

Massima a cura di Davide Tutino – Avvocato penalista del Foro di Catania

Testo della Sentenza 19/01/2021, n. 14, Tribunale di Gorizia

Fonte del testo della Sentenza:
OneLEGALE Wolters Kluwer Italia Srl.
 consultata in data 13/09/2023

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Tribunale Gorizia, Sent., 19/01/2021, n. 14

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI GORIZIA DISPOSITIVO DI SENTENZA E CONTESTUALE MOTIVAZIONE – artt. 554 e segg. e 549 c.p.p. –

Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Concetta Bonasia alla pubblica udienza del 19.1.2021 ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente.

SENTENZA

nei confronti di:

F.N., nato il (…) a P., con dom.dich. in via P. 4 a C. di V. (U.) Libero presente

imputato

(vedasi foglio allegato)

IMPUTATO

Delitto p. e p. art. 600 quater c.p. perché deteneva materiale pedopornografico ed in particolare fotografie ritraenti la minore T.M. nuda ed in pose con cui esibiva seno ed organi genitali;

In Gorizia fino al 23.10.2018

Con l’intervento del Pubblico Ministero dott.ssa S.Fortunati, V.P.O. e dell’avv. M.Trimarchi, difensore di fiducia.

Svolgimento del processo

Disposta la citazione diretta a giudizio di F.N., affinché rispondesse del reato descritto in epigrafe, all’udienza del 13.10.2020 in limine litis la difesa, all’uopo munita di procura speciale, ha chiesto di procedersi nelle forme del rito abbreviato non condizionato.

All’odierna udienza, le parti hanno illustrato le rispettive conclusioni, come riportate in epigrafe.

Motivi della decisione

Deve essere pronunciata sentenza di assoluzione dell odierno imputato per il reato di rubrica, perché il fatto non sussiste.

Dagli atti d’indagine – integralmente utilizzabili ai fini decisori in forza del ritoabbreviato prescelto – consta che l’odierno imputato aveva intrattenuto una relazione di amicizia con la sedicenne T.M., figlia del suo datore di lavoro.

I due, oltre a vedersi presso l’autofficina del padre della ragazza, si erano scambiati parecchi messaggi telefonici mediante Whatsapp.

Proprio tramite tale applicativo, la minore gli aveva altresì inviato proprie fotografie, alcune delle quali intime ed a sfondo sessuale.

Da qui l’accusa cristallizzata nell’odierno capo d’imputazione, in cui a F.N. vienecontestato il reato previsto e punito all’art. 600 quater c.p., perché deteneva materiale pedopornografico ed in particolare fotografie ritraenti la minore T.M. nuda e in pose in cui esibiva seno ed organi genitali”.

Ebbene, questo giudice ritiene – sulla scorta dei principi giurisprudenziali che verranno di seguito esposti – che il fatto concreto non sia sussumibile nella fattispecie penale astratta ipotizzata dalla pubblica accusa.

Invero, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno chiarito che nonsussiste l’utilizzazione del minore, che costituisce il presupposto del reato di produzionedi materiale pornografico di cui all’art. 600 ter, comma 1, cod. pen. – e quindi anche del reato residuale di cui all’art. 600 quater – nel caso di realizzazione – e quindi anche di detenzione – di immagini o video “che abbiano per oggetto la vita privata sessuale di un minore, che abbia raggiunto l’età del consenso sessuale, nell’ambito di un rapporto che, valutate le circostanze delcaso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell’autore, sicché la stesse siano frutto di una libera scelta e destinate ad un uso strettamenteprivato” (Sez. U-, Sentenza n. 51815 del 31/05/2018 Ud., dep. 15/11/2018, Rv. 274087 – 02).

In particolare, la Suprema Corte non ha mancato di osservare come ci si debba porre il problema della rilevanza penale della cd. “pornografia domestica”, ossia della condotta di chi realizza o detiene materiale pornografico in cui sono coinvolti minori che abbiano raggiunto l’età del consenso sessuale, nei casi in cui tale materiale è prodotto e posseduto con il consenso di tali minori e unicamente a uso privato delle persone coinvolte.

In relazione a tali fatti, secondo la giurisprudenza della nomofilachia, deve essere indubbiamente valorizzato, al fine di evitare “ipercriminalizzazioni non coerenticon le finalità proprie del diritto penale, il dato dell’appartenenza di tali condotte all’ambito dell’autonomia privata sessuale”.

Del resto, tengono espressamente conto di tale esigenza le fonti sovranazionali di cui all’art. 3, comma 2, della Decisione Quadro del Consiglio n. 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003, l’art. 20, comma 3, della Convenzione di Lanzarote, laDirettiva dell’Unione europea 2011/93 (Ue) contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che ha sostituito la precedente Decisione Quadro del Consiglio n. 2004/68/GAI ed è stata attuata nell’ordinamento interno con il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 39, la quale attribuisce alla discrezionalità degli Stati membri decidere se attribuire o no rilevanza penale alla “produzione, all’acquisto o al possesso di materiale pedopornografico in cui sono coinvolti minori che abbiano raggiunto l’età del consenso sessuale nei casi in cui tale materiale è prodotto e posseduto con il consenso di tali minori e unicamente a uso privato delle persone coinvolte, purché l’atto non implichi alcun abuso”.

La ricostruzione dogmatica operata dall’orientamento giurisprudenziale tradizionale aveva fornito una soluzione del tutto parziale del problema, escludendo di fatto che la pornografia domestica potesse rientrare nel concetto di “produzione” di cui all’art. 600 ter, per la mancanza del pericolo di diffusione, ma riconducendola, pur sempre,all’ambito del penalmente rilevante, attraverso il richiamo all’applicabilità della fattispecie residuale del successivo art. 600 quater.

Per contro, secondo le citate S.U., il nuovo inquadramento sistematico della fattispecie- come risultante, cioè, dalle modifiche legislative intervenute in materia dal 2006al 2013 – “induce a valorizzare, allo scopo di evitare l’incriminazione di un comportamentoevidentemente privo di rilevanza penale, il concetto cardine di ‘utilizzazione delminore’, enfatizzandone la portata dispregiativa, nel senso che esso implica una ‘strumentalizzazione’ del minore stesso. Deve dunque intendersi per ‘utilizzazione’ la trasformazione del minore, da soggetto dotato di libertà e dignità  sessuali, in strumento per il soddisfacimento di desideri sessuali di altri o per il conseguimento di utilità di vario genere; condotta che rende invalido anche un suo eventuale consenso. Si devono, insomma, distinguere le condotte di produzione aventi un carattere abusivo, per la posizione di supremazia rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore o per modalità con le quali il materiale pornografico viene prodotto (ad esempio, minaccia, violenza, inganno) o per il fine commerciale che sottende la produzione, o per l’età dei minori coinvolti, qualora questa sia inferiore a quella del consenso sessuale. In altri termini, qualora le immagini o i video abbiano per oggetto la vita privata sessuale nell’ambito di un rapporto che, valutate le circostanze del caso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell’autore, ma siano frutto di una libera scelta – come avviene, per esempio, nell’ambito di una relazione paritaria tra minorenni ultraquattordicenni – e siano destinate ad un uso strettamente privato, dovrà essere esclusa la ricorrenza di quella ‘utilizzazione’ che costituisce il presupposto dei reati sopra richiamati. Dunque, il discrimine fra il penalmente rilevante e il penalmente irrilevante in questo campo non è il consenso del minore in quanto tale, ma la configurabilità dell’utilizzazione, che può essere esclusa solo attraverso un’approfondita valutazione della sussistenza in concreto dei presupposti sopra delineati. Non osta a tale conclusione la circostanza che il legislatore interno, nell’attuazione delle richiamate discipline sovranazionali in materia, non abbia ritenuto di fissare espresse esclusioni rispetto alla generalizzata rilevanza penale della pornografia minorile, pur consentite da tali discipline. Deve infatti ribadirsi che è lo stesso concetto di ‘utilizzazione’, cui fanno riferimento sia l’art. 600 ter sia l’art. 600 quater cod. pen., che circoscrive l’area del penalmente rilevante, perché presuppone la ricorrenza di un differenziale di potere tra il soggetto che realizza le immagini e il minore rappresentato, tale da generare una strumentalizzazione della sfera sessuale di quest’ultimo. E anzi, tale ricostruzione interpretativa trova conferma nella struttura del sistema che il legislatore ha inteso creare, nell’ambito del quale, al severissimo trattamento sanzionatorio previsto per la produzione di materiale pedopornografico, si somma un cospicuo apparato di circostanze aggravanti – originariamente contenuto nell’art. 600 sexies, abrogato dalla lettera i) del comma 1 dell’art. 4, della L. n. 172 del 2012, e oggi nell’art. 602 ter – tra le quali assume particolare significatività, per quanto qui rileva, quella prevista dal quinto comma di tale articolo, in forza della quale la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso in danno di un minore degli anni sedici. Si tratta, infatti, di sanzioni che, per la loro entità, sarebbero ingiustificabili, alla stregua del principio costituzionale di ragionevolezza, qualora si volessero ritenere applicabili al fenomeno della ‘pornografia minorile domestica”.

Ebbene, applicati tali coordinate giuridiche al caso di specie, deve sottolinearsi come negli atti di indagine non sia riscontrabile alcun differenziale di potere tra l’ imputato e la minore, tale da generare una strumentalizzazione della sfera sessuale di quest’ultima.

Invero, né dalle s.i.t. della minore o dei suoi familiari né dalle chat estrapolate dai telefonini della ragazza e dell’imputato, si colgono elementi sintomatici di minaccia,violenza o inganno da parte del prevenuto nei confronti della sedicenne, la quale risulta aver nutrito per lui un normale sentimento di amicizia.

È vero che l’ imputato, in un paio di occasioni, non aveva mancato di esprimere apprezzamenti sul fisico della ragazza ma ciò non appare certo sufficiente a delineare una condotta di trasformazione della minore, da soggetto dotato di libertà e dignità sessuali, in strumento per il soddisfacimento di desideri sessuali del prevenuto.

Per quanto poi la minore attraversasse un periodo di difficoltà – dovuto alla separazione dei propri genitori – non è dato riscontrare un comportamento dell’imputato che avessein qualche modo approfittato di tale difficoltà al fine di ricevere foto pedopornografiche e, quindi, una qualsivoglia posizione di supremazia in tal senso rivestita dal F., il quale, peraltro, nemmeno risulta aver chiesto – espressamente o implicitamente – l’ invio di tali foto alla minore e, una volta ricevute, le aveva subito cancellate (cfr. annotazione di P.g. di data 1.4.2019, aff. 82 fascicolo P.m.). In altri termini, dagli atti d’indagine non v’è la prova che le immagini aventi ad oggetto la vita privata sessuale della minore, ricevute dall’imputato tramite Whatsapp, fossero state da questa scattate e inviate nell’ambito di un rapporto caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione del F., apparendo invece frutto di una libera scelta della ragazza.

Tutto ciò considerato, s’ impone sentenza assolutoria nei confronti di F.N. per il reato contestatogli in rubrica, perché il fatto non sussiste.

Si stila motivazione contestuale.

P.Q.M.

Letti gli artt. 438, 530 c.p.p.,

ASSOLVE

F.N. dal reato ascrittogli in rubrica, perché il fatto non sussiste.

Così deciso in Gorizia, il 19 gennaio 2021. Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2021.

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