Facebook

Facebook Catania – L’avvocato penalista Davide Tutino del foro di Catania, è un esperto nei reati informatici, commessi attraverso il social network Facebook.

Cos’è Facebook

Facebook  è una piattaforma sociale nata  nel febbraio 2004 ad Harvard (Stati Uniti), dalla volontà dell’universitario Mark Zuckerberg e dei suoi compagni di creare un portale che facilitasse la socializzazione. Oggi il social, posseduto e gestito dalla corporation Facebook, Inc. è, disponibile in oltre 70 lingue e conta oltre un miliardo di utenti attivi in tutto il mondo[1].

Come si accede a Facebook

Per accedere al sito basta registrarsi, gratuitamente, previo inserimento dei dati personali e in particolar modo della data di nascita che serve, specifica il sito, esclusivamente “per favorire una maggiore autenticità e consentire l’accesso ai vari contenuti in base all’età”[2].

Effettuata la registrazione si può procedere alla creazione del proprio personale profilo che comprende anche l’inclusione di altri utenti, qualificati come “amici”, con i quali ci si può scambiare messaggi, anche via chat, incluse le notifiche automatiche quando questi aggiornano i propri profili. Possono, inoltre, unirsi a gruppi per condividere interessi in comune e condividere contenuti multimediali.

Caratteristiche di Facebook

Facebook è stato progettato, insomma, con lo scopo di condividere. E’ il singolo utente a decidere quante e quali informazioni pubblicare ed a controllare il modo in cui vengono distribuite mediante le impostazioni sulla privacy. E’ un fenomeno nato per gli adolescenti e si è diffuso proprio tra tale fascia di età. Chiaro, dunque, che il social network, oggi più famoso al mondo, sia anche quello maggiormente frequentato da minorenni.

Anche i più giovani, e ancor di più rispetto alle altre tipologie di utente[3], spesso, scambiano Facebook per una sorta di mondo parallelo in cui immergersi totalmente, addirittura mettendo da parte la vita reale. Condividono ogni più intimo aspetto della propria vita online, spesso senza la necessaria consapevolezza dei meccanismi che seguono il proprio click.

Facebook e i minori

I minori, infatti, incuranti di qualsivoglia privacy, tendono a stringere amicizie virtuali con chiunque, a volte non sapendo e non curandosi di chi ci sia davvero dall’altra parte. Seguendo l’istinto di una socializzazione impulsiva, si abbandonano facilmente a qualsiasi sollecitazione ricevuta on line.

I nativi digitali[4], sono esperti navigatori della rete nonché assidui frequentatori dei social, addirittura la maggior parte si iscrive in più piattaforme sociali. Essi si sentono al sicuro dietro uno schermo, in quanto la rete offre loro elementi per condividere e socializzare ed allo stesso tempo riduce l’insicurezza spesso creata da un vero rapporto interpersonale, difficile da gestire a piacere proprio. Nei social un rapporto di “amicizia”, è gestibile e modificabile a proprio piacere, in qualunque momento, con più facilità. Basta un click, ad esempio, per cancellare amicizie online non più desiderate. Vien da sé che, tutto questo, rassicura ed incoraggia chi si approccia ai primi rapporti interpersonali e non ha ancora una reale percezione di sé, come i più piccoli.

Questi, tuttavia, non si rendono conto delle reali insidie della rete: cyberbullismo, molestie sessuali, depressione, stalking, adescamenti, sono solo alcuni tra i tanti pericoli che un minore può correre quando è collegato ai social network.

Al fine di creare uno spazio di condivisione più sicuro, Facebook, si è dotato di una serie di strumenti che permettono a tutti di gestire i propri dati on line, le condivisioni, le visualizzazioni, attraverso una sezione definita “Privacy” su cui interagire.

Nonostante ciò, la riservatezza dei propri dati personali, sul social, è un tema particolarmente discusso, controverso dal giorno stesso della nascita del network. La creatura di Mark Zuckerberg è stata infatti più volte al centro di vorticose polemiche in merito al trattamento dei dati personali degli iscritti soprattutto visto che tra questi una vasta percentuale è data da utenti minori. A seguito di diverse cause, class action e pressioni governative, Facebook ha migliorato la gestione di tali dati arrivando a permettere oggi un discreto controllo sulle condivisioni online, attraverso l’ottimizzazione della sezione “Privacy” del social[5].

Così, oggi, la garanzia primaria della propria vita online sul social network, e nel caso specifico su Facebook,  è riferibile a tre sotto sezioni all’interno delle impostazioni “Privacy” suddivise in:

  1. “ Chi può vedere  le mie cose:
  • Chi può vedere i tuoi post futuri: qui si può scegliere chi potrà vedere di default le nostre condivisioni. Le opzioni vanno da “Pubblico” (visibili a tutti) a “Solo Io” (visibile solo a noi);
  • Controlla tutti i post in cui sei “taggato”: qui sarà possibile verificare i post in cui siamo stati “taggati” con la possibilità di rimuovere i tag o rendere invisibili i contenuti sul diario;
  • Vuoi limitare il pubblico dei post […]: utilizzando questo strumento, i contenuti del diario condivisi con amici di amici o utenti pubblici, diventeranno visualizzabili solo agli amici;
  1. Chi può contattarmi: in questa sezione si possono gestire le relazioni virtuali.
  • Chi può inviarti richieste di amicizia: qui si potrà specificare che solo gli amici degli amici potranno inviarle;
  • Quali messaggi vuoi filtrare nella posta di arrivo: gestione dei filtri dei messaggi privati;
  1. Chi può cercarmi: qui sono gestite le impostazioni che toccano i motori di ricerca e la possibilità che un utente possa essere rintracciato
  • Chi può cercarti utilizzando l’indirizzo eMail che hai fornito: è possibile specificare se il profilo potrà essere rintracciando usando l’indirizzo eMail, da tutti o solo dagli amici o dagli amici egli amici;
  • Chi può cercarti utilizzando il numero di telefono che hai fornito: chi avesse fornito il proprio numero di telefono potrà essere rintracciato mediante questo parametro. Si potrà specificare se potranno farlo tutti o solo gli amici e gli amici degli amici;
  • Vuoi che gli altri motori di ricerca rimandino al tuo diario: è possibile specificare se i motori di ricerca possano indicizzare i profili utenti per essere rintracciati dalla rete[6].

La sezione Privacy non è la sola che consente di proteggere i propri dati. Dalle impostazioni del proprio profilo, è possibile entrare nella sezione “Diario ed aggiunta Tag” e da qui si può segnalare chi può scrivere o condividere qualcosa all’interno della Timeline, nonchè verificare cosa gli altri vendono della nostra pagina face. La sezione “Blocco“,  permette, poi, di inibire l’accesso a utenti fastidiosi, e/o  all’uso di certe applicazioni[7]. Inoltre, dal momento che creare un account su Facebook è facile e lo è anche se si crea un profilo “falso” o “Fake”,  il social si è dotato di un impostazione in grado di bloccare l’utente fasullo, che ruba una identità, foto o arreca nocumento attraverso la voce “Segnala/Blocca” che apre una semplice procedura con cui viene inviata una segnalazione ai gestori di Facebook sull’account da bloccare.

Protezione dei minori

Non meno importante, soprattutto per la protezione di minori che inconsapevolmente si collegano al social con i dispositivi mobili da qualsivoglia server, è l’opzione di “Navigazione Protetta”. Questa   impedisce ad estranei di “intercettare” le credenziali di accesso e permette di criptare le  informazioni in entrata ed uscita a seguito di collegamento da altri server, rendendo più sicura la vostra navigazione nel social network.

Con specifico riferimento ai minori, infine, la policies di Facebook, dal 26 settembre 2006, ha provveduto a porre un limite minimo di età per l’iscrizione al social, infatti oggi il minore può iscriversi a partire dai tredici anni, poiché è l’età in cui potenzialmente esiste un’embrionale capacità di filtrare criticamente le informazioni dal momento che il pensiero astratto, in tale fascia di età, è già avviato[8].

Tuttavia questi accorgimenti, cui si è dotato il social nel tempo, spesso risultano ugualmente insufficienti a proteggere le categorie deboli di utenti, in quanto facilmente eludibili da navigatori esperti. Facebook quindi non protegge abbastanza. Da non trascurare, poi, la questione dell’uso improprio del social da parte dei nativi digitali. Questi ultimi, infatti, sovente fanno un uso scorretto degli account, creando i cd. “fakes” ovvero falsi profili, e lo fanno per diverse ragioni: perché non hanno ancora raggiunto la soglia d’età che consente loro di iscriversi liberamente al social o per costruirsi un’altra identità con un’altra età e personalità. Ma il peggio è che, molto spesso, non ci si accontenta di darsi un’identità di fantasia e, al contrario, si aprono profili con il nome e il cognome di persone realmente esistenti, e lo si fa per un semplice intento ludico come lo scherzo a un amico o a un professore, altre volte per poter vivere la notorietà di un personaggio famoso o, peggio, per danneggiare qualcuno o per denigrare pubblicamente un coetaneo.  Tutto ciò supera la soglia della liceità, della sicurezza in rete, ed apre la strada ad “adescamenti” pericolosi.

Un aspetto piuttosto critico, è quello della condivisione e diffusione di informazioni personali, con questo metodo,  la maggior parte degli adolescenti fornisce senza farsi troppe domande i propri dati online, incluse foto, anche a persone che incontra solo virtualmente, non conoscendo direttamente l’interlocutore.

Chiaramente il mero atto della condivisione non sarebbe errato né pericoloso, il fine dei post sui social, è infatti, quello di rendere partecipi gli amici della nostra vita quotidiana, il problema è la condivisione smodata e senza limiti a cui ricorrono oggi i minori poiché questa viene effettuata senza coscienza del processo e senza cognizione della natura dello strumento. Questo stato di cose, purtroppo diviene un passpartù per gli illeciti che si commettono a mezzo della rete, illeciti che vedono come vittime proprio coloro che si muovono maldestramente in questo campo minato.

Da ultimo, attraverso un progetto che ha preso il via nel 2012, resosi conto che puntualmente, i minori di tredici anni, infrangendo le regole del social e falsificando la propria data di nascita, riescono comunque a creare un account sul social, Mark Zuckerberg, ha pensato di eliminare il problema estendendo il servizio anche ai bambini minori di 13 anni, così da consentire anche a loro di accedere al social e condividere i loro dati in piena legalità.

Il brevetto prevede, sostanzialmente, lo sviluppo di una tecnologia che permetta ai bambini di età inferiore ai 13 anni di utilizzare il social network ma sotto la supervisione dei genitori. Nello specifico, il sistema, metterebbe in collegamento gli account degli under 13 con quelli dei loro genitori che potrebbero, in tal modo, controllare i contenuti, autorizzando amicizie e applicazioni da usare[9]. Il brevetto del progetto, è stato presentato il 29 Maggio scorso alle autorità competenti, che esamineranno la compatibilità del progetto del padre fondatore della piattaforma con la Child         Online Privacy Protection Act (cd. Legge Coppa)[10] legge datata 1998 che tutela la diffusione online dei dati, immagini, prima di tutto, sui bambini[11].

In dieci anni di vita, in sostanza, il social, ha rivoluzionato il modo di comunicare, socializzare, connettersi con le persone e condividere pensieri e attimi della propria vita. In alcuni casi tuttavia è andato oltre. La rete, i social, l’appartenenza a questo mondo digitale  ha superato ogni soglia, ha dato vita ad una sorta di dipendenza che non è né facile identificare né semplice da sconfiggere, la cd. Facebook-addiction, una problematica reale, capace di  influire negativamente sull’emotività e sui comportamenti di ogni tipo di utente, e in particolar modo dei minori, dei più deboli.

Effetti negativi Facebook

Gli effetti negativi non sono pochi, Facebook,  può in primis, causare insoddisfazione verso se stessi e soprattutto infelicità. Spesso gli aggiornamenti di stato sono creati ad hoc come il rigurgito di un impulso istintivo, per esternare (anche fingendo) un qualunque momento felice della propria vita. Questa attività deriva dalla necessità di affermazione di sé stessi, dalla volontà di dipingere un sé migliore e dai reflussi di una socialità online che necessita di auto-esposizione continua per segnare una presenza al cospetto degli altri. Questo voler apparire felice, inoltre è una dinamica  che tende a coinvolgere anche gli altri, a diventare di gruppo, alimentando così un circolo vizioso dal quale è difficile uscire[12].

Strano, notare poi, come nonostante l’incessante preoccupazione per la mancanza di privacy on line, tanti forse troppi ragazzini condividono volontariamente i propri segreti al fine di trovare gratificazione dai propri amici virtuali. Si altera così la capacità di percepire cosa è davvero opportuno condividere o meno.

Facebook può causare anche paranoia. Le comuni dinamiche sociali di autoaffermazione conducono, in un contesto on line, al depauperamento del tessuto sociale, ad un senso del sé fragile, ad un’identità non sufficientemente forte, ad un ambiente di solitudine e ad altri fattori che possono creare il sostrato necessario all’emergere di stati alterati della personalità[13].

Ovviamente tutte queste problematiche diventano ancor più preoccupanti se facciamo riferimento ad un utente minore con un’acerba se non insufficiente percezione della realtà.

La sindrome del LIKE

Da non sottovalutare, inoltre la cd. “Sindrome del like”. Un “mi piace” sotto la foto postata pochi secondi prima sul Social, comporterebbe, secondo studio condotto dall’Università del North Carolina, una scarica nell’organismo di dopamina, il neurotrasmettitore alla base dei fenomeni di dipendenza. E’ inimmaginabile pensare quanto possa essere devastante per un minore tutto ciò.

A confermare le risultanze delle ricerche statunitensi è lo stesso Segretario Generale dell’A.I.D.A (Accademia Internazionale delle Discipline Analogiche), Armando Stano,  dichiarando di aver assistito, dal 2008 (data in cui Facebook è approdato in Italia) ad oggi ad un aumento dell’8% di utenti dipendenti da social[14].

Insomma anche se la Facebook-dipendenza non è, attualmente, una patologia riconosciuta a livello medico, essa desta preoccupazioni serie perché  potrebbe diventare un disturbo dal punto di vista psichiatrico, la psicopatologia dell’era digitale, capace di scatenare un senso di evasione dalla realtà con conseguente perdita del controllo. Non solo, ma come tutte le ossessioni, l’impossibilità, anche temporanea, di collegarsi costantemente a Facebook può causare sintomi di astinenza, tra cui rabbia, ansia, depressione e frustrazione, e ciò dovrebbe essere motivo di preoccupazione ancor maggiore se ad essere coinvolti sono i soggetti più a rischio, i minori.

Il problema di tale dipendenza in ogni caso, non sembra mai essere nel social in sé, ma sono le possibilità di evasione che questo offre. I principali fattori scatenanti sono: una personalità fragile, l’assenza di un tessuto sociale capace di dare soluzioni ai vari problemi  o una dinamica di gruppo difficile da gestire.

Ciò avviene in quanto, l’impedimento ad una relazione reale tra adolescenti e bambini (spesso anche tra gli stessi adulti) per una qualsivoglia causa, trova nell’utilizzo del surrogato virtuale un’ancora di salvezza ma dall’altra parte, rischia di diventare un pericoloso incipit alla dipendenza[15].

La dipendenza dai social

La dipendenza dai social inibisce un processo formativo ancora in fase di  evoluzione nei minori poiché insinua nelle menti la certezza che la vita reale, gli amici, il mondo si trovano dentro la rete e non fuori dalla porta. Lo stretto legame tra social e dipendenza viene, poi, amplificato dalla recente          “moda dei Selfie” che sta spopolando su ogni tipo di social.

Secondo la psicanalista italiana, Marisa Fiumanò, i Selfie sono certamente il frutto di un narcisismo che veicola attraverso un mezzo contemporaneo, per la stessa: “Rientra nella superficialità di parte della comunicazione contemporanea. Il problema che emerge è quello della ricerca dello sguardo altrui, sguardo che ora si cerca online perché probabilmente non si trova più altrove. Gli individui sono affamati e cercano costantemente una conferma della propria immagine e si verifica un meccanismo pericoloso: è un po’ come se si affidasse la propria identità a questi finti ritratti di sè che vengono veicolati dai social network. La Rete viene così investita di funzioni di riconoscimento sociale che dovrebbero invece essere affidate al confronto con le altre persone visto che Internet è un interlocutore anonimo”[16]. Quello che in realtà nasce per essere una forma di svago si trasforma così in un problema, ancor più preoccupante perché ad esserne coinvolti sono soprattutto i più nativi digitali. In tale contesto, così, la “moda selfie” si trasforma facilmente in  “selfie dangerous”.

La cronaca: Taranto: muore sedicenne, dopo esser precipitata dal parapetto della Rotonda del Lungomare di Taranto mentre cercava di farsi un selfie. La ragazza, in gita scolastica, era in posa per fare una fotografia, ma è scivolata precipitando sulla scogliera sottostante dopo un volo di una ventina di metri [17].

La diffusione della tecnologia e la facilità con i cui i bambini cominciano a scambiarsi immagini e video a sfondo sessuale unitamente alla moda del selfie  hanno provocato l’allarme sexting[18].          Il sexting, neologismo che deriva dalla crasi delle parole inglesi sex (sesso) e texting (pubblicare testo), ha avuto origine  negli Stati Uniti  ma ha iniziato a diffondersi anche in Italia.

A tal proposito, un’indagine condotta nel 2011 da Telefono Azzurro ed Eurispes, nel nostro Paese, ha rilevato  che circa il 10,2% di ragazzi  ha ricevuto messaggi o video a sfondo sessuale con il cellulare, mentre il 6,7% ne ha inviati ad amici, fidanzati, adulti, o altre persone, anche sconosciute. Dall’indagine nazionale emerge, inoltre, che il fenomeno del sexting interessa sia maschi che femmine, seppur con qualche differenza: sono prevalentemente i maschi ad inviare materiale a sfondo sessuale e a riceverli.

I ragazzi, inoltre, non sembrano essere consapevoli che lo scambio di materiale pedopornografico, possa arrivare nelle mani sbagliate, favorendo fenomeni come l’adescamento on line, microprostituzione, o nel migliori casi provocare gravi conseguenze emotive per i protagonisti delle immagini e dei video[19].

Alla base di tutto c’è l’ingenuità: gli adolescenti non colgono i pericoli del sexting, lo percepiscono come un gesto goliardico tanto che quasi il 50% degli adolescenti italiani confessa di non considerare il “sexting” una pratica rischiosa[20].

Proprio partendo dai rischi in cui bambini e adolescenti possono imbattersi, navigando in rete, il network europeo INSAFE[21], si preoccupa di promuove la sicurezza e l’utilizzo responsabile di Internet e cellulari da parte dei minori.

In Italia, tra le varie associazioni che si occupano di diffondere una presa di consapevolezza sui rischi delle nuove tecnologie per bambini e ragazzi troviamo il “Telefono Azzurro” presente su quasi tutto il territorio con diverse iniziative per promuovere una cultura volta a prevenire qualsiasi forma di abuso e maltrattamento.

L’organizzazione Save the Children, inoltre, insieme alla Commissione europea, promuove ogni anno una campagna denominata “Posta con la testa”, al fine di sensibilizzare i più giovani su questo argomento, e renderli consapevoli dei rischi legati alla pubblicazione di immagini che dovrebbero rimanere private[22].

[1]   http://it.wikipedia.org/wiki/Facebook.

[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Facebook.

[3] Come già ampiamente descritto nei precedenti capitoli.

[4]Nativi digitali: dalla lingua inglese digital native, è una espressione che viene applicata ad una persona che è cresciuta con le tecnologie digitali come i computer, Internet, telefoni cellulari e MP3 e in genere si usa l’espressione per indicare le persone nate negli anni novanta e negli anni 2000. L’espressione è stata coniata da Marc Prensky nel suo Digital Natives, Digital Immigrants pubblicato nel 2001.  I nativi digitali nascono parallelamente alla diffusione di massa dei PC a interfaccia grafica nel 1985 e dei sistemi operativi a finestre nel 1993. Il nativo digitale cresce in una società multischermo, e considera le tecnologie come un elemento naturale non provando nessun disagio nel manipolarle e interagire con esse. Cfr, http://it.wikipedia.org/wiki/Nativo_digitale.

[5] Vendrame F., La privacy ai tempi di facebook, 4.02.2014, in http://www.webnews.it/2014/02/04/privacy-facebook/.

[6] Cfr. Vendrame F., La privacy ai tempi di facebook, 4.02.2014 in: http://www.webnews.it/2014/02/04/privacy-facebook/.

[7] Ivi.

[8] Navigare sicuri,  A che età un bambino può usare faccebook?,  in  http://navigaresicuri.telecomitalia.it/faqs/a-che-eta-un-bambino-puo-usare-facebook/.

[9]  De Chirico M., Facebook apre ai minori di 13 anni, ma con la supervisione dei grandi, in http://www.pianetamamma.it/la-famiglia/il-bimbo-nella-societa/facebook-apre-ai-minori-di-13-anni-ma-con-la-supervisione-dei-grandi.html.

[10] Il Child Online Protection Act (“Legge per la protezione dell’infanzia in Rete”; spesso abbreviato in COPPA) è una legge degli Stati Uniti d’America, approvata nel 1998, il cui obiettivo dichiarato è quello di proteggere i bambini dal contatto con materiale di natura sessuale reperibile in Internet. La legge è stata successivamente bloccata nei tribunali e non è mai stata effettiva. Dato che la legge vincolava unicamente i provider interni agli Stati Uniti, i suoi effetti sarebbero comunque stati inconsistenti. In ogni caso, diversi stati degli Stati Uniti hanno già in vigore leggi simili. In http://it.wikipedia.org/wiki/Child_Online_Protection_Act.

[11] Brasile A., Facebook anche per bambini minori di 13 anni?, 3-06-2014, in http://www.fusionserv.com/34227-facebook-per-bambini-minori-13-anni/.

[12] Giambarresi F., Dipendenza da Facebook, un problema reale?, 4-02-2014, in: http://www.webnews.it/2014/02/04/dipendenza-facebook/.

[13] Cfr, Giambarresi F., Dipendenza da Facebook, un problema reale?, 4-02-2014, in http://www.webnews.it/2014/02/04/dipendenza-facebook/.

[14] La Stampa: Dipendenza da social: ecco la sindrome del “like”, 15.04.2014,  in http://www.lastampa.it/2014/04/15/blogs/skuola/dipendenza-da-social-ecco-la-sindrome-del-like-xnGbRMCyRqLb89uDREM8eN/pagina.html.

[15] Cfr, Giambarresi F., Dipendenza da Facebook, un problema reale?, 4-02-2014, in http://www.webnews.it/2014/02/04/dipendenza-facebook/.

 

[16] Perini V., Filosofia del selfie: ecco perché l’autoscatto è di moda. Le foto delle vip,  in http://www.affaritaliani.it/Rubriche/cafephilo/selfismo-foto-mania.html?refresh_ce.

[17] Mediaset Tgcom24: Taranto, scivola mentre cerca di farsi un selfie: morta 16enne, 11/06/2014  in http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/2014/notizia/caduta-mentre-si-fa-un-selfie-morta_2050636.shtml.

[18]  D’Orta K.,  Sexting: un “selfie” pericoloso per gli adolescenti, in http://www.cowinning.it/magazine/sexting-un-selfie-pericoloso-per-gli-adolescenti/.

[19] Sexting: http://it.wikipedia.org/wiki/Sexting.

[20] D’Orta K., Sexting: un “selfie” pericoloso per gli adolescenti, in http://www.cowinning.it/magazine/sexting-un-selfie-pericoloso-per-gli-adolescenti/.

[21] http://www.saferinternet.org/web/guest/home.

[22] Cfr: Sexting: http://it.wikipedia.org/wiki/Sexting.